

La narrazione pubblica degli anni Settanta in Italia è ancora un campo di battaglia. In particolare, la destra erede del Msi è sospesa tra l’attaccamento a una memoria “di parte”, simile a un culto dei martiri, che rinsalda il senso di appartenenza a una comunità perseguitata, e il rifiuto a fare i conti con l’“album di famiglia” del terrorismo nero. Comprendere come e perché e questo accade è cruciale. A partire dal delicato snodo del biennio 1973-74, la riflessione si sofferma, da una parte, su personaggi ed eventi che si muovono nella zona grigia tra Msi, violenza politica e terrorismo nero; dall’altra, sull’impatto pesante che ha avuto la “logica del nemico” e l’“empatia selettiva” della sinistra, che ha portato a gravi ritardi nel riconoscere l’emergere di una violenza “rossa”, al punto che le prime azioni armate di sinistra, azioni violente come il rogo di Primavalle ai primi omicidi brigatisti furono ritenute vendette o provocazioni di destra, sull’onda dello slogan “un compagno non può averlo fatto”.
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